
“Non si trova più un ignorante da fare due chiacchiere, sono tutti laureati”
Il cartello pubblicato in questo bar della Romagna ha spopolato.
I Romagnoli…apprezzati in tutta Italia (mi permetto di eccedere affermando “in tutto il Mondo”) non solo per l’ospitalità e il savoir faire, ma anche per la proverbiale e irriverente schiettezza.
Diciamocelo: sono tempi ardui per gli ignoranti che, incuranti della propria ignorantezza (tanto per restare in tema romagnolo), dispensano concetti, argomentazioni, teoremi e teorie, inconsapevoli di essere anch’essi parte della deriva social di cui tutti, nostro malgrado, siamo protagonisti.
Il fatto è che nel nostro circoscritto quanto affascinante universo quale è la panificazione – e ancor più, a voler essere precisi, nella nicchia della pizza – dicerie e fallacie d’ogni sorta da sempre proliferano.
Concetti errati germinati nella notte dei tempi, poi tramandati attraverso le generazioni e ora, disgraziatamente, veicolati anche mediante i social network, amplificatori e strumenti di divulgazione della modernità.
Partendo dalle fondamenta, come la bufala del lievito che lieviterebbe nello stomaco, fino ad approdare al controverso concetto della presunta indigeribilità della pizza correlata agli impasti che lievitano per poche ore.
Tra le numerose quanto speciose argomentazioni, quella della MATURAZIONE DEGLI IMPASTI è probabilmente una tra le più dibattute nella rete negli ultimi tempi. Chi segue la panificazione attraverso i canali social sa perfettamente di cosa si stia dissertando.
I fatti sono i seguenti:
una esigua cerchia di appassionati di pizza, autoproclamatisi ambasciatori della sana e ben informata cultura pizzaiolistica, accusa un’ampia fetta di appassionati e – ahimè, devo ammetterlo – anche svariati pizzaioli professionisti di divulgare informazioni errate riguardo il concetto di MATURAZIONE nel mondo della pizza.
Ciò che questi ultimi asseriscono circa la maturazione degli impasti è, in sostanza, quanto segue:
In un impasto coesistono due reazioni chimiche: la prima è la lievitazione, ossia la produzione di anidride carbonica ad opera dei saccaromiceti (la sto facendo breve eh!), e la seconda è la maturazione, vale a dire la trasformazione degli amidi in zuccheri semplici mediante gli enzimi amilasi.
Qualora non si concedesse agli enzimi il tempo necessario per scindere gli amidi, questi ultimi giungerebbero nello stomaco rallentando la digestione e rendendo la pizza indigeribile. Per evitare questo risultato è necessario protrarre i tempi di gestione dell’impasto avvalendosi della refrigerazione.
TUTTO QUESTO È FALSO
Ormai comprovato da diversi autorevoli studiosi della materia, si è appurato che tale assunto non sussiste.
Non costituiscono l’oggetto del presente articolo, pertanto non vi fornirò una disquisizione esaustiva: documentatevi attraverso il web, informatevi oppure iscrivetevi a un mio corso.
Ma gli ambasciatori pizzaiolistici non si sono limitati ad accusare gli inermi propagatori di concetti aleatori di divulgare informazioni errate
Sono andati ben oltre.
A costoro (gli ambasciatori pizzaiolistici, s’intende) non è stato sufficiente confutare un concetto (errato) ormai radicato da decenni nella cultura pizzaiolica (lo so, invento termini!), bensì hanno perpetrato di peggio… anzi, di molto peggio!
Accomodatevi. Siete pronti?
LA MATURAZIONE NON ESISTE!
SBAAAAAAAAAAAM!!!
Quello che fino al giorno precedente costituiva un termine di uso corrente, diffuso in tutto l’etere panificatorio, a un tratto diviene il più innominabile tra i vocaboli, pena la consueta reaction pubblica corredata di inevitabile shitstorm da parte di tutti i seguaci dell’indignato accusatore.
Ma facciamo chiarezza… per quale ragione la maturazione riferita agli impasti non esisterebbe?
La pubblica accusa dichiara che:
il termine maturazione costituisce una locuzione impropria, giacché gli impasti non maturano bensì fermentano. 
Ciò che matura è la frutta.
Ok facciamo ordine. A questo punto credo sia necessario fare un sunto della vicenda.
Da un lato abbiamo un gruppo nutrito di appassionati, tra cui numerosi esponenti del settore, che oltre a non conoscere – e peggio ancora – diffondere notizie mendaci sulla chimica degli impasti, utilizza altresì un termine improprio che nulla ha a che vedere con la panificazione.
Dall’altro lato abbiamo una minima parte di individui, paladini della giustizia panificatoria, ai quali codesta faccenda proprio non va a genio, soffrono le pene dell’inferno a tal punto da fare di questa vicenda una questione personale.
(Il vero motivo a mio parere è un altro, ma è meglio che taccia!)
A questo punto, dunque, sembrerebbe che la questione scaturisca dalla derivazione etimologica del termine MATURAZIONE, che viene confuso con il vocabolo FERMENTAZIONE.
Insomma, un autentico pasticcio linguistico…
Occorre qualcuno che ristabilisca l’ordine e riconcili le parti!
Ed è a questo punto che interviene il sottoscritto: il paladino delle buone intenzioni, il portatore di concordia, il pacificatore delle opinioni divergenti.
Colui che ambisce a mettere tutti d’accordo, che scorge cuoricini, arcobaleni e scintillanti unicorni ovunque!
Mi sono interrogato su chi effettivamente fosse dalla parte del torto.
A seguito di una lunga riflessione sono pervenuto a una irriverente quanto perentoria conclusione:
HANNO TORTO ENTRAMBI!
Signor giudice, di seguito deposito ufficialmente la mia versione dei fatti…
Secondo il vocabolario, il termine “maturazione” nella lingua italiana può vantare innumerevoli accezioni.
Il vocabolo “maturazione” è assolutamente ascrivibile a differenti contesti e tutti i suoi impieghi sono considerati corretti, a seconda dell’ambito in cui viene adoperato.
Non esiste un unico significato specifico, né gli altri costituiscono utilizzi impropri.
La lingua italiana è ricca di lemmi che assumono significati diversi in base al contesto, e “maturazione” ne rappresenta un esempio lampante.
Le varie accezioni non sono in contrapposizione, bensì incarnano diverse sfumature di un concetto comune:
la maturazione è il conseguimento di una fase conclusiva di sviluppo, perfezione o compimento.
Facciamo alcuni esempi:
Contesto biologico: la maturazione di un frutto
Contesto figurato: quando si parla di maturazione personale
Contesto finanziario: la maturazione di un titolo o di un credito
Maturazione cognitiva: si riferisce alle modificazioni biologiche cerebrali
Per rimanere nell’uso corrente del termine… matura il TFR, maturano gli interessi, maturano i progetti, gli adolescenti e maturano le indagini, matura altresì il calcestruzzo e persino i foruncoli cutanei eccetera eccetera (lascio spazio alla vostra fantasia).
Affermare categoricamente che soltanto la frutta matura è ERRATO.
Il termine MATURAZIONE nella lingua italiana è impiegabile in svariati contesti!
A questo punto la domanda sorge spontanea (cit.: A.Lubrano): quale sarebbe la motivazione per cui in panificazione non potremmo più utilizzarla?
Del resto, appurato che l’innominato vocabolo è utilizzabile in una moltitudine di contesti, per quale ragione non adoperarlo per indicare che un impasto è MATURO per essere sottoposto a cottura?
Individuatemi un termine specifico alternativo che indichi quando un impasto è pronto per essere cucinato.
Potrebbe essere FERMENTAZIONE, ma non risulterebbe corretto, giacché un impasto fermentato non è necessariamente pronto per essere cucinato (del resto la fermentazione ha inizio, terminata la prima fase aerobica nel momento in cui lievito, acqua e farina si congiungono e di certo in quel preciso momento non è pronto per essere cotto).
L’equivoco scaturisce da una non corretta interpretazione dell’innominato termine che è stato confuso con la parola fermentazione (che poi la maggior parte non sappia nemmeno come funzioni la fermentazione è un altro discorso).
Da una parte abbiamo dunque una fazione, quella dei portatori e divulgatori di ignoranza che da generazioni riportano concetti errati spacciandoli per veritieri, e dall’altra abbiamo codesti professorini che, succubi della loro indole perfezionista, non si avvedono che se si desidera fare i precisini bisogna esserlo fino in fondo.
Secondo il mio modesto parere, che tra l ‘altro condivido (cit.: A. Bergonzoni), ritengo che il vocabolo MATURAZIONE possa essere impiegato senza alcun indugio, purché non venga sostituito all’improprio termine FERMENTAZIONE, bensì associato a quel preciso momento in cui un impasto è pronto per essere sottoposto a cottura, ossia nella fattispecie MATURO (appunto!).
Un impasto di fatto matura, giacché attende il momento propizio, la corretta maturazione per essere infornato e cotto.
E così, con l’umile tentativo di riconciliare entrambe le fazioni, mi auguro che un giorno saremo sufficientemente MATURI per accettare nuovamente questo mio amato termine che tanto mi manca.
Ripensando a quel cartello nel bar della Romagna mi viene da sorridere amaramente.
Forse quel barista romagnolo, nella sua disarmante schiettezza, aveva colto nel segno più di quanto potessimo immaginare.
Tra ambasciatori autoproclamati della verità panificatoria e professorini zelanti della precisione linguistica, tra chi spaccia fallacie per verità scientifiche e chi si erge a custode della purezza terminologica, forse ciò di cui avremmo davvero bisogno è proprio un ignorante.
Un ignorante che, ignaro di dispute etimologiche e contese lessicali, si limiti a osservare l’impasto, ad attendere che sia pronto, e semplicemente dica: “È MATURO, possiamo infornare.”
Perché a volte, nella sua elementare saggezza, l’ignorante comprende ciò che i laureati hanno dimenticato: che la panificazione è un’arte pratica, non un’arena per virtuosismi dialettici.
E mentre tutti discutono su cosa si possa o non si possa dire, l’impasto – incurante delle nostre beghe intellettuali – continua serenamente a maturare.
Proprio come noi dovremmo fare.
Mirko Savoia
Pizzaiolo professionista – Dough Academy
www.doughacademy.it

2 Comments
Fairman65
Bravissimo, concordo in tutto
Aurora
Direi che nella lingua parlata il termine fermentato può assumere un significato negativo, se assaggio qualcosa – un vino o un cibo – e dico “è fermentato’ certo il/la padrona di casa non lo prenderà certo per un complimento! Poi c’è da dire – tema scolastico – che non è detto che i maturandi siano tutti maturi, anzi ahimè – come capita talvolta nei miei impasti da apprendista stregona – il maturando si dimostra non maturato….
Non sarebbe più cospicuo anziché litigare su questioni di lana caprina, insegnare concretamente il concetto di “impasto pronto da infornare” come fa il nostro mentore e autore dell’articolo del cui insegnamento gli saremo sempre grati???!!!
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